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giovedì 9 febbraio 2012

UN ESAME ALL'ULTIMO SANGUE

Come annunciato, oggi si è comsumato l'ultimo episodio della saga "Romby, la minaccia fantasma". Per non correre alcun rischio, il vostro affezionatissimo si è recato al fatidico appello con una buona mezz'ora di anticipio, per scongiurare altri incresciosi episodi. La corsa è stata tale che il panino nel mio stomaco, trangugiato all'ultimo secondo, ha gridato: - Ma dove cazzo vaiiiiiiii! -. L'ho ignorato, così come ignoravo buona parte del materiale d'esame. Insieme a me c'erano altri due sventurati, che ieri erano arrivati con 12 secondi di ritardo, e come me erano stati rimbalzati. Cominciamo ad attendere.
Le 13.50, e niente. Le 14.00, e niente. Le 14.05, e niente. Alle 14.07 ho pensato "Stavolta me la voglio levare io la soddisfazione di rimbalzarla", ma non fosse altro che per rispetto all'età, quando ho vista arrivare la prof, col deambulatore e la flebo al seguito, mi sono stato zitto. La prima ragazza, una spagnola, esce dopo circa una mezz'ora, col volto segnato dal dolore e la fatica. Andiamo bene.
Il secondo sono io. Entro nell'ufficio con aria titubante: appesi al muro, un ritratto di Papa Pio IX con dedica "A Giusy con affetto" ed una foto di lei insieme ad Anita Garibaldi mentre si fanno un gavettone. E sotto la scritta "io e Anita momenti magici".
Inizia l'esame: per i primi quaranta minuti penso "okay, un tempo nella media". Dopo i sessanta comincio a chiedermi se non sia il caso di gettare la spugna. Avrei voluto lanciarmi dalla finestra (l'altezza era sufficiente per una morte sicura ed indolore), ma il volto bonario di Pio IX mi ridette coraggio, e decisi di lanciare il cuore oltre l'ostacolo: ormai più niente mi avrebbe fermato. Dopo un'ora e venti fu la stessa Romby a mostrare qualche segno di cedimento: aveva il respiro affannoso, ed in più la flebo stava finendo. Fu allora che compresi la sua strategia: prendere gli studenti per sfinimento, e rifilargli un bel voto pacco. Ma con me no, pensai, ormai non mollo! Dopo due ore e un quarto eravamo entrambi sudati e mezzi accasciati sulla scrivania, mentre le immagini di casette per uccelli continuavano a scorrere sullo schermo del computer. Arrivati a due ore e mezzo, la Romby stramazzò al suolo, e con l'ultimo residuo di forza sollevò una mano tremante e verbalizzò l'esame: 28. Poteva andare anche meglio, ma con un osso duro come lei non c'era da far troppo gli schizzinosi. Sono uscito dall'ufficio con aria trionfante: i miei colleghi, che ormai avevano fatto a tempo a laurearsi, trovarsi un lavoro e metter su famiglia, mi accolsero in un tripudio di applausi. Il vero eroe della giornata!










La professoressa prima e dopo il mio esame

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